Il Secolo 21

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Bullismo, fenomeno di despistaggio mediatico.

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La scuola italiana è inadatta all'educazione dei giovani del XXI secolo.

Questo lavoro si inserisce all’interno di un’inchiesta del Secolo 21 sui disturbi del comportamento nell’adolescenza.

Accendere la televisione e ascoltare la quotidiana dose di affabulazione proposta. Fra le altre una tendenza sembra aver preso campo stabilmente, il collegamento in diretta con gli istituti scolastici di tutto il paese, funestati sempre più spesso da episodi dilaganti di bullismo. Ma che significa bullismo e cosa implica questa gestione mediatica di un fenomeno giovanile?

I giovani sono diventati ingestibili. Le scuole, la famiglia, l’oratorio e lo sport non provvedono più a creare nel giovane l’adesione ai valori positivi della nostra società, come solidarietà e altruismo, adesione necessaria per la stessa conservazione delle prospettive connaturate alla cultura della condivisione e dello stare insieme.

In una società debole con i forti e forte con i deboli, i bulli non rispettano il prossimo e si accaniscono sul più debole.

Tanto di questi meccanismi, escluso ovviamente chi brucia un barbone per noia, o chi spegne la cicca sul compagno di classe disabile, fanno parte dello sviluppo naturale, fisiologico del singolo individuo che apprende le regole del gruppo: l’adolescente che prepone la propria realizzazione personale edonistica, anch’essa stimolata dai modelli sociali, a scapito del vivere con, dello stare insieme senza sopraffazione. Questa tendenza è trasversale nell’adolescente, a priori, insomma, rispetto alla classe sociale e all’età, e si smussa con il passare degli anni, sempre che il mondo degli adulti sia capace di fornire con credibilità, modelli alternativi di comportamento.

E proprio qui sta il problema.

Gli adolescenti cambiano nella misura in cui cambiano le opzioni e gli strumenti che diamo loro. Uno strumento peculiare dei giovani è sempre stato con differente intensità il vandalismo, inteso come distruzione di feticci che hanno un significato per la società, ma al quale il giovane, senza alcun mezzo di espressione per una rabbia già giustificata, ma ancora inconsapevole, non può che attribuire inadeguatezza. A volte il vandalismo distruttivo è sostituito da un atteggiamento più propositivo, come lo scrivere le proprie rivendicazioni e i propri sogni sopra un muro. Purtroppo tali cenni di dialogo sono etichettati come criminali,videosorvegliati e repressi con maggior severità che un falso in bilancio.

In questa Italia un graffito è più grave di un falso in bilancio.

Questi sono i modelli con i quali si confrontano i nostri ragazzi. Ridurre quindi il fenomeno all’etichetta del bullismo diviene una maniera di delegare il problema all’ambito della repressione, scindendo uno prospettiva di intervento positivo, e cioè di comprensione e critica.

Ancora peggiori comunque, sono le prospettive alle quali lascia spazio una gestione così superficiale del problema devianza giovanile. Basta prendere esempio dal mondo anglosassone, al quale noi italiani in particolare attingiamo troppo spesso, tutto ciò che vi è di più nocivo.

In America e in Gran Bretagna si stanno sviluppando infatti negli ultimi anni due fenomeni distinti ma complementari. Da un lato in U.S.A., la somministrazione di farmaci ai bambini agitati, vivaci, con difficoltà di attenzione, per i quali è stata creata addirittura una nuova sindrome ( ADHD/ Attention deficit and hyperactivity disorder), e grazie alla quale si sdoganizza senza remore l’intrusione farmacologica nell’infanzia; dall’altro lato nel Regno Unito l’invenzione degli ASBO ( Anti social behaviour order), misure amministrative di controllo e punizione dei comportamenti che causano o causeranno intimidazione o semplice disturbo. Uno strumento che ha colpito in meno di dieci anni 12.500 persone, delle quali la metà minorenne. Chiaramente questi dispositivi, se violati, si trasformano in condanne penali, che vanno a infoltire il curriculum criminale di un minorenne che si trova già segnalato e stigmatizzato, sulle basi, e basta quella, della dichiarazione di un vicino di casa.

Probabilmente l’italiano medio ha difficoltà a percepire la portata di tali provvedimenti, quindi per fornire qualche metro in più di giudizio, non nuoce ricordare come in Inghilterra più di 2 milioni di bambini abbiano lasciato le impronte digitali per usufruire del servizio mensa e per i libri, e si richieda la schedatura biometrica per il registro di classe.

Il bullo non diventa automaticamente criminale come sembra si voglia far capire da più parti, ( sull’onda di un’acritica riabilitazione delle teorie lombrosiane) le stesse parti che organizzando poi iniziative nazionali in materia, e ricevendo finanziamenti pubblici, concorrono più spesso a definire e creare il problema, piuttosto che risolverlo.

APPROFONDIMENTO:

Cesare Lombroso ( 1835-1909)

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