Archive for the ‘IMMIGRAZIONE’ Category
Sanatoria truffa e Stato truffatore?
Può uno Stato essere considerato truffatore dai suoi cittadini? Le ferite di Brescia ancora aperte, la gestione scellerata dell’ordine pubblico, il razzismo istituzionale che si declina con leggi discriminatorie per gli stranieri e il manganello per chi sostiene rivendicazioni egalitarie e di spirito democraticamente inclusivo: in questo momento il clima politico sostiene un approccio ampiamente lesivo dei diritti fondamentali dell’individuo. A maggior ragione se proveniente da un paese estero oppure se cresciuto in Italia sino al diciottesimo anno, poi lo affida alla ruolette della clandestinità. La battaglia che sostiene chi ha meno potere è una battaglia per tutte le generazioni future che avranno il destino di nascere in questo paese, becero, dilaniato e mai stanco di se stesso. E allora, finalmente, nell’atrio della Prefettura di Genova, la CGIL ha organizzato un presidio per esprimere solidarietà ai ragazzi saliti sulla gru per protestare contro una sanatoria che avrebbe dovuto regolarizzare il loro soggiorno e che invece si è rivelata nei fatti soltanto un’azione per fare cassa.
Dove scatta il dolo in un’azione legislativa di questo tipo? Il Secolo 21 cerca di fare un pò di chiarezza intervistando Rachid Khay, dell’Arci di Genova, mentore dell’Ufficio immigrati e Alessandra Ballerini, avvocato, in prima linea nella difesa dei loro diritti. Leggi il seguito di questo post »
La scuola italiana fra integrazione e interazione. Di Simohamed Kaabour
Ventidue anni fa, mio padre decise di cercar fortuna in Europa. Capitò in Italia declinando la Francia come paese di approdo perché in quegli anni, la fine degli anni Ottanta, il «bel paese» era celebre per la sua accoglienza. Lì riprese il suo vecchio mestiere e decise di attuare un ricongiungimento familiare. Noi arrivammo a Genova all’inizio degli anni novanta, quando «lo straniero» godeva ancora di quella sua aria esotica e misteriosa. Leggi il seguito di questo post »
Italiani, arabi d’Europa.
Una volta un ragazzo iracheno mi disse: “Voi italiani siete gli arabi d’Europa”. Guardando al Mediterraneo si vede un grande lago che durante i secoli ha unito i popoli insediati sulle reciproche sponde. Popoli che durante la storia si sono mischiati, combattuti, rispettati, sino a trovare un equilibrio: una pax mediterranea.
La recente visita di Gheddafi si inserisce pertanto in un contesto meno esotico di quel che si crede e si lascia credere: in fondo la Libia rappresenta la testa di ponte di un mondo, quello arabo, e in senso lato quello africano, ( hic sunt leones) che ha con l’Europa del sud uno stretto rapporto di intenso interscambio.
Gheddafi è arrivato in un’Italia alla deriva. Senza prospettive di reali sviluppo, senza la progettualità politica attorno alla quale un popolo può costruire un sogno comune. In questo senso l’Italia diventa effettivamente una provincia remota di un continente che la storia ha relegato ai margini delle posizioni che contano, l’Africa giardino del mondo, depredato nelle sue risorse materiali come nelle risorse umane. E l’Italia, che Gheddafi paventa in via di africanizzazione come il resto d’Europa, è già a buon punto di questo percorso. E non c’è bisogno di riferirsi strumentalmente all’invasione degli immigrati, sulla quale paura gioca l’astuto leader libico: l’Italia si sta africanizzando da sola per colpa degli italiani, che hanno perso il controllo di uno Stato che adesso più che mai li tratta da sudditi sostituendo privilegi ai diritti. Leggi il seguito di questo post »
Il lamento di Bilel Karkin ai tempi delle deportazioni.
In questi giorni a Torino, a Gradisca in Friuli e a Milano si sono susseguiti fatti, eventi, che avrebbero dovuto diventare notizie e non lo sono diventate. Molti immigrati rinchiusi nei CIE/ CPT, in particolare di nazionalità tunisina, si sono ribellati ad una deportazione imminente, essendo sempre più prossima la scadenza dei sei mesi di detenzione, ed hanno inscenato una protesta. Ma se la Busiarda, come chiamano i torinesi il giornale locale, non ne ha parlato, altrettanto hanno deciso di fare, i principali quotidiani nazionali. E quindi questa protesta simbolo delle contraddizioni sociali del XXI secolo che prendono forma nel nostro paese non ha trovato la dignità di assurgere a cronaca nazionale. E di conseguenza sempre più lontana si sposta la consapevolezza su quel che i CIE siano davvero in seno all’opinione pubblica italiana. Negli anni ’70 i detenuti salivano sui tetti delle prigioni, la stampa ne parlava e si arrivò ad una riforma che sebbene mai applicata fino in fondo, rappresentava per questo paese uno scatto di civiltà.
In questo torrido luglio invece delle storie di questi nuovi detenuti non interessa a nessuno, l’informazione anestetizzata non valuta importante un lavoro di approfondimento su tale realtà, fatta di scontri con i militari e le forze dell’ordine, fatta di lacrimogeni, evasioni e tentate evasioni, atti estremi e quotidiani di autolesionismo, gesti incommensurabili di solidarietà, mentre proprio questo legame così umano, l’antirazzismo militante, viene raccontato come radicale e sovversivo. Radicale e sovversivo difendere il diritto di ogni persona a non essere trattato come un delinquente perché ha deciso di cercare la fortuna sulle coste di questa pasciuta e decadente Europa.
Per questo motivo il Secolo 21 ha deciso si accogliere il lamento di Bilel Karkin venti tre anni dalla Tunisia.
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Grande madre la CGIL:Intervista a Marco Roverano.
In questi giorni di dura lotta all’interno dei CPT/CIE del nord Italia, da Torino a Gradisca d’Isonzo passando per Milano, dove i reclusi reagiscono con disperazione agli accordi presi dagli Stati sulle loro teste per favorire i rimpatri di massa ( tanto cari al ministro Maroni e al suo elettorato), un passo indietro appare necessario, prima degli approfondimenti dei prossimi giorni, per valutare come e quando si sia prodotta questa situazione, e quanto nel mercato del lavoro poggino le basi di una precarietà dai connotati etnici coniugata alla vergognosa mancanza di diritti di cittadinanza: un mix che lentamente porta tutto il mondo del lavoro italiano a confrontarsi con il naufragio della propria dignità. Il Secolo 21 intervista Marco Roverano responsabile sino al 2000 dell’ufficio stranieri CGIL di Genova
O Barcellona o morte. L’Italia secondo Lamine.
Continua il viaggio del Secolo 21 nel mondo dell’immigrazione. La parola in prima persona a chi abbandona il proprio paese tentando la fortuna in Europa e in questa sempre più intollerante Italia. Le prospettive, speranze e paure di chi in Italia viene per dare un futuro migliore alla propria famiglia.
Il razzismo elegante fra le parole. Di Giacomo Solano
In questi anni si fa un gran parlare del fenomeno immigrazione senza sapere veramente di cosa si discorre. Molti giornali, telegiornali e pseudo-esperti raccontano l’immigrazione sbagliando già la base del discorso: chi parla, spesso, utilizza una terminologia erronea e approssimativa in modo da fuorviare l’audience e indirizzare parti dell’opinione pubblica verso una determinata opinione (spesso contraria e discriminatoria verso gli immigrati). L’uso di termini di per sé già carichi di un significato valoriale e di giudizio inficia di fatto la possibilità di un approccio sereno verso i fenomeni migratori: approccio che dovrebbe radicalmente cambiare a partire quindi dalle parole usate.
L’Arizona, l’America e la lega anti immigrazione. Di Saskia Sassen
Le misure repressive adottate dallo stato dell’Arizona nei confronti dei residenti irregolari, rappresentano parte di una politica più ampia diretta al controllo degli immigrati.
Gli Stati Uniti, in questo campo, hanno fatto ricorso ad un’azione statale che si può considerare estrema. Si tratta di una lunga storia, che comprende alti e bassi. L’attuale fase d’azione massiccia dello Stato è incominciata negli anni ‘90 con Bill Clinton. Ma gli Stati Uniti non sono i soli. Alcuni dei più potenti Stati nel mondo: Inghilterra, Francia, Italia, hanno riorientato in maniera crescente grande parte delle loro burocrazie statali per controllare, scovare, fermare, internare e deportare gli immigrati più marginali e più vulnerabili. Leggi il seguito di questo post »
I falsi miti sull’immigrazione. Di Giacomo Solano
Il tema dell’immigrazione connesso a quello della sicurezza è divenuto ormai una questione fondamentale del dibattito pubblico. Sotto questo profilo gli ultimi decenni sono stati caratterizzati dal dilagare della paura verso l’altro e ciò è avvenuto soprattutto in relazione al presunto rapporto fra immigrazione clandestina e aumento della criminalità.
Bisogna, a questo punto, mettere in evidenza come tutto scaturisca dalla violazione del divieto, ingiustificato, di emigrare che porta quindi alla clandestinità e a tutti i rischi che ne conseguono. Inoltre molti italiani sono spaventati dall’attribuzione ai migranti di privilegi e benefici legati all’assistenza del cittadino da parte dello Stato: essi temono che ciò accentui la riduzione dei benefici che essi godono. Ma descrivere gli immigrati come coloro che ci “rubano” il lavoro e ci rendono più difficoltoso l’accesso ai servizi è dare una visione distorta, tendenziosa e perfino razzista della realtà.