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Angela Burlando: “Il reato di clandestinità è contrario alla Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo”

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Degrado, videosorveglianza, telefoni intelligenti, mappe interattive del crimine, immigrazione e diritti, alpini, anarchici, avvisi orali e impunità delle forze dell’ordine.

Un punto di vista sulla realtà.

Decoro, degrado e sicurezza. Questo mettere sullo stesso piano ambiti differenti della vita collettiva che conseguenze può portare in termini di sviluppo del controllo sociale?

Sicurezza dei diritti o diritto alla sicurezza? Cinesi in Via S. Luca. Foto di Alessandra Daglio

Spesso si parla di sicurezza, confondendola con la vivibilità. Decoro, anzi, mancanza di decoro e degrado sono, a mio parere più  un presupposto che non una componente dell’insicurezza.

La città, comunque presenta una criminalità diffusa caratterizzata da  reati contro il patrimonio, soprattutto furti in appartamento e scippi oltre che truffe agli anziani. La criminalità organizzata, al di là dei dichiarati convincimenti di alcuni responsabili, vi opera in modo piuttosto sotterraneo e appare meno rispetto ad altre città anche se ne costituisce una realtà effettiva.

Confondere decoro, sicurezza e degrado porta ad interpretare in maniera inidonea le vere problematiche, a creare allarme tra i cittadini, adesso come non mai, estremamente sensibili al problema anche a causa della strumentalizzazione politica dell’insicurezza.

Quali sono gli eventuali punti critici da sottolineare?

Genova, come gran parte della Liguria ha una popolazione costituita in prevalenza di anziani e ciò comporta uno stile di vita meno aperto ad esperienze diverse da quelle di routine, un modo di vivere  basato soprattutto su rapporti che si svolgono all’interno delle famiglie e  di club privati in cui le conoscenze offrono ben poco alla novità e, di conseguenza, al rischio.

Secondo la sua esperienza in che situazione si trova Genova a livello sicurezza?

Direi che Genova pur, con  le sue criticità, si distingue da altre città, in particolare da quelle che hanno un porto, per una situazione che, anche se non  ottimale, tuttavia si può considerare non eccessivamente allarmante.

Immigrazione

Alla luce del recente sciopero degli immigrati che considerazioni possono essere fatte sul rapporto fra immigrazione e sicurezza?

Via Pré un giorno qualunque. Foto di Alessandra Daglio

Il legame con l’immigrato è forte e molti sono stati genovesi che hanno manifestato a favore del 1° marzo. Ciò non significa che nella nostra città non vengano troppo spesso lesi i diritti di chi accetta comunque di lavorare svolgendo lavori umili pur possedendo cultura e titoli di studio come accade ad una percentuale altissima di stranieri. Il Museo dell’ immigrazione aperto di recente a Genova, città da cui si partiva per l’ America, rappresenta la presa di coscienza di un nostro passato analogo.

Il binomio “emigrazione-sicurezza” è stato esageratamente strumentalizzato per propaganda politica. La dichiarata mancanza di un centro in cui identificare gli stranieri privi di documenti personali, aumenta le difficoltà ad espellere coloro che delinquono e che peraltro non sono moltissimi. Spesso appare vano il lavoro di forze dell’ordine motivate che si dichiarano frustrate dall’impossibilità di soddisfare le richieste dei cittadini. Frequentemente viene allontanato dal nostro territorio il povero straniero che sperava in una possibilità di vita diversa e non l’ha trovata. Resta invece chi ha compiuto crimini e, grazie al diritto alla difesa, continua  a compiere reati.

Considerando che nei CIE non finiscono solo gli immigrati  irregolari, tout court, ma anche chi, perdendo il lavoro e non trovandolo dopo 6 mesi, perde la possibilità di rinnovare il permesso di soggiorno, lei pensa sia davvero necessario un centro tale in Liguria?

L’impostazione che si è data all’espulsione dal territorio di immigrati irregolari, sicuramente viola la dichiarazione dei diritti dell’uomo. E’ reale l’esigenza di allontanare chi delinque ma è ingiusto trattare come soggetti criminali quelle persone che hanno perso il lavoro e la cui identità è certa. I centri di identificazione, peraltro introdotti dalla sinistra, non garantiscono di fatto nè l’identificazione di chi è privo di documenti nè la soluzione del problema. Spesso sono solo parcheggio per chi lavora e rispetta la legge. Si devono trovare soluzioni alternative e potrebbe proprio essere Sinistra, ecologia e Libertà a proporre soluzioni che rispettino i diritti, anche sull’ esempio di altri paesi europei.

Lei manterrebbe o toglierebbe il reato di clandestinità?

Lo considero contro i principi costitutivi della dichiarazione dei diritti dell’Uomo, non lo manterrei e non lo avrei mai sottoscritto.

Non pensa che questo reato possa in realtà costituire uno strumento addizionale per il proliferare dell’economia sommersa?

Potrebbe essere perché il lavoro nero fa comodo a molti. D’altronde per chi deve sopravvivere è preferibile lavorare anche se mal pagato piuttosto che delinquere. Anche se la linea è molto sottile. Il problema si porrà nel futuro prossimo, in quanto se la prima generazione  di immigrati è disposta ad affrontare qualunque sacrificio, la seconda generazione, osservando l’umiliazione e la sofferenza dei genitori, si riempie di odio, rifiuto e ribellione. Questi figli non sono più figli di nessuno, né del loro paese d’origine né di quello che li ospita, non hanno un’identità ed è proprio su questo terreno si genera la rabbia.

Tecnologia e sicurezza

Nella città di Genova sono presenti più di 5 mila telecamere. Lo sviluppo della videosorveglianza conduce effettivamente ad una diminuzione dei reati?

Sarò sincera, mi sembrano un po’ troppe. Il mezzo tecnico non sostituisce l’ uomo ma lo supporta. Si continua a non potenziare le forze di polizia, a non curarne la professionalità ad ignorare le giuste richieste di sindacati consapevoli ed avviliti. La telecamera spesso serve solo per identificare l’autore di un reato, non per prevenirlo. E’ anche un deterrente, ma non sempre. La telecamera, per funzionare, a parte una manutenzione costosa, a volta trascurata per mancanza di mezzi, ha bisogno di uomini in sede per controllarla costantemente e sul territorio per intervenire. E’ difficile per la carenza di personale.

Recentemente l’assessore Scidone ha presentato un nuovo progetto che diventerà presumibilmente attivo a settembre 2010: una mappa della città in grado di evidenziare, con il contributo della cittadinanza, le aree a rischio in tempo reale. Può essere utile un tale progetto? O può essere controproducente affidare all’opinione di una cittadinanza insicura il contributo a questo progetto?

Il fascino della tecnica è entusiasmante e le speranze hanno diritto di esistenza. La partecipazione dei cittadini alle politiche della sicurezza è un punto forte, peraltro condiviso nell’ambito del Forum per la sicurezza urbana ( F.I.S.U.) e del Forum europeo per la sicurezza ( F.E.S.U.). Tale partecipazione tuttavia deve essere organizzata con intelligenza e prudenza. Il cittadino, ma anche il politico, non sempre è così preparato ad affrontare problematiche complesse come quelle della sicurezza.

Francesco Scidone assessore alla Città Sicura

Quella di Scidone è sicuramente un’ idea valida la cui realizzazione sarà valutata nel Comitato Provinciale per la Sicurezza presieduto dal Prefetto. Mi spiace dire che, in questi ultimi tempi ed in detto ambito appare meno importante la figura del Questore, organo tecnico e non burocratico.

Un altro progetto dell’assessorato Città sicura è il telefonino intelligente che fornisce informazioni culturali e che potrebbe spiegare ai turisti quali strade prendere e quali no. Non c’è il pericolo in questo caso di lasciare sempre più isolate aree del centro storico che già adesso sono lasciate a se stesse?

Condivido le sue preoccupazioni. Il telefonino può sicuramente aiutare i turisti e non solo loro, ma  non  può certo sostituire un necessario e rassicurante controllo del territorio da parte di forze dell’ordine in divisa e, soprattutto, in borghese. Sulle politiche del Centro Storico si potrebbero spendere iniziative anche diverse ma, e qui ha ragione Scidone, condivise dai cittadini, vere sentinelle del territorio.

Alpini, anarchici e avvisi orali

Come valuta l’impatto della presenza degli alpini per l’operazione Strade sicure“?

Che dire? Ho simpatia per gli alpini ma la giusta dimensione del problema sicurezza non può essere affrontata  con personale preparato professionalmente per altri compiti.

Alpini alla darsena

E’ così anche per le Guardie Giurate che appaiono in qualche proposta estemporanea. Quello della sicurezza è un settore complesso e difficile, aperto a soluzioni nuove e diverse.
Da buona genovese come sono ritengo che il denaro  speso per l’impiego degli stessi avrebbe potuto essere usato diversamente per le Forze dell’ Ordine ma, come ho già detto, i politici non sempre sono preparati su tutti gli argomenti. Con la presenza degli alpini, nulla di reale è cambiato se non  l’aumento della simpatia verso un corpo già amato dai genovesi.

Una delle ultime disposizioni del ex questore Presenti prima della pensione è stata l’inoltro di avvisi orali a degli anarchici che contestavano gli alpini. Come valuta questo approccio alla contestazione politica?

Per valutare i fatti bisogna conoscerli completamente. Ed io li ignoro. L’avviso orale può essere sicuramente discusso dal punto di vista giuridico; nel caso specifico ritengo che esso sia stato applicato per una serie di comportamenti, non solo per la contestazione degli alpini. Ultimamente, sembra in atto un tentativo del Governo di attenuare il diritto a manifestare, salvo poi scendere in piazza per rivendicare la democrazia di fronte ad una giusta applicazione delle regole. Basta leggere la circolare Maroni sull’ordine pubblico per comprendere le reali intenzioni del Governo.

Impunità delle forze dell’ordine e gestione del G8

Molti cittadini associano inevitabilmente alla sfiducia nelle forze dell’ordine la constatazione della loro impunità in caso di commissione di reati. Come invertire questa tendenza?

Molti degli alti funzionari coinvolti in responsabilità anche gravi nella gestione del G8 hanno avuto rapidi avanzamenti di carriera e sono giunti a vertici importanti indipendentemente, anzi, anticipatamente rispetto alla conclusione del processo. Chi ha subito condanna è stato il poliziotto di qualifica inferiore rispetto al funzionario. Condivido le sue preoccupazioni: non avere distinto l’ errore dalla colpa per i fatti compiuti dal singolo  ha portato l’ opinione pubblica alla sfiducia verso la Polizia di Stato e a  non stimare neppure tutti quei lavoratori della P.d.S. che compiono con passione e rispetto della legge il loro difficile lavoro. Non a caso nel 2001, dopo il G8 il Consiglio d’ Europa ha redatto un codice etico  per le forze di polizia europee. La legge  deve essere applicata  nel rispetto della legge. Questo dice il codice etico. Come invertire l’ attuale tendenza? Rispettandolo e migliorando la professionalità di lavoratori che svolgono compiti difficili che toccano la sfera del diritto e della libertà personale e magari seguendo la proposta annosa di mettere una placca col numero sulla divisa dell’agente in servizio.

Angela Burlando candidata per Sinistra e Libertà

Per approfondimenti sull’argomento sicurezza vedi anche:

Sicurezza: isteria collettiva o reale preoccupazione.

Gli alpini a Genova. Incontro con il prefetto Anna Maria Cancellieri.

Gli occhi elettronici di Genova sono troppi?

Che succede in Via Armando Diaz 2?

Villipendio allo Stato. Quando l’ironia tocca nervi scoperti.

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